Alessandro
tornava a casa pedalando felice.
La
scuola era quasi finita e la gioia montava in lui come un fiume in piena. Era
euforico e pregustava il sapore delle vacanze alle porte.
Percorreva
a forte velocità la discesa verso casa e per un attimo un’ombra offuscò la sua
mente.
Due
giorni prima aveva scritto una lettera d’amore a Valentina, per motivi futili e
superficiali e non né andava fiero, era pentito poiché l’unica persona che
amava era Cinzia; la sua compagna di banco.
Il
pensiero di Cinzia gli arrossò il volto in un istante e con rinnovata energia
pedalò veloce verso il locale di Stefano per il pranzo. L’ambiente era piccolo,
male arredato, caotico e poco pulito, ma era l’unico aperto.
Il
misto di odori provenienti dalla cucina e il chiasso dei suoi coetanei erano per
Alessandro una miscela sgradevole. Affrettò il passo e andò a sedersi ad uno
dei tavoli vicino alle finestre, una zona arieggiata dove gli odori arrivavano
smorzati.
Gli
portarono il vassoio con la sua ordinazione, Alessandro mangiò avidamente.
Negli
ultimi tempi si fermava poco nel locale e non si intratteneva con i suoi
coetanei poiché in passato si era malmenato con alcuni di loro. I suoi genitori
l’avevano punito per questo e così per evitare guai si fermava soltanto il
tempo necessario per il pasto.
Lasciò
i soldi sul tavolo e con la bicicletta andò verso la tabaccheria all’angolo.
Giocò la schedina come ogni settimana, scambiò quattro chiacchiere
banali con Alessia, la commessa, e uscì rinfrancato dal suo
sorriso di saluto.
Montò
in sella e guardò l’orologio. Era in leggero ritardo per l’appuntamento con
Federico, suo compagno di calcetto da diversi anni.
L’amico
lo aspettava seduto su una panchina logora e malandata, si salutarono con un
abbraccio. Alessandro consegnò i dvd, prese i soldi convenuti e li sistemò
distrattamente nella tasca dei jeans, mentre si salutavano con una pacca sulle
spalle.
Alessandro
si sedette sulla stessa panchina. Prese il cellulare, chiamò alcuni compagni di
classe per organizzare una serata in pizzeria. Si voleva divertire con i soldi
appena guadagnati.
Si
sistemò un po’ più comodo per assaporare la brezza leggera che alleviava l’afa
della mattina appena trascorsa, ma quel benessere non durò a lungo. Cominciò a
sentirsi inquieto e in preda ad una dolorosa sensazione di freddo diffuso.
Non
stava sognando, eppure le cose intorno a lui cambiavano lentamente. Il leggero
cinguettio degli uccelli era cessato gradualmente mentre la luce sembrava aver
perso forza e intensità così da creare ombre poco rassicuranti sul terreno.
Udiva
in lontananza la sirena di un traghetto che duettava in modo bizzarro con il
pianto di un bambino.
Scattò
in piedi come avesse ricevuto una scossa elettrica e con la mano afferrò al
volo la cinta dello zaino per trascinarlo via con sé. Sentiva dei brividi
scuoterlo nel profondo come ad avvertirlo di un pericolo imminente.
Il
passo svelto si tramutò in corsa scomposta che lo portò ad inciampare
goffamente. Sentiva dolore alle mani, erano graffiate in più punti a causa del
terreno sterrato. Prima ancora di rialzarsi si rallegrò di non aver rovinato il
display del cellulare nuovo di zecca e trascinandosi carponi si alzò per
continuare la fuga arrivando fino al marciapiede di fianco la strada.
Il
rumore del traffico scoppiò improvviso intorno a lui e si ritrovò immerso in
quella che considerava una rassicurante normalità. Non si curò della polvere
che lo ricopriva né dei graffi sparsi su mani e braccia. Ridendo di se stesso e
delle sue inquietudini si avviò verso casa.
L’uomo
anziano era accanto alla fontanella. Era pallido, stanco e scavato in viso.
Teneva
la mano rugosa appoggiata al muretto che delimitava la fontanella utilizzandolo
come sostegno.
Non
aveva molto tempo a disposizione poiché molte erano le cose che doveva dire.
Una seconda possibilità non era contemplata né per lui né per Alessandro. Non
poteva fallire.
Gridò
il nome del ragazzo con una tale forza e intensità che Alessandro si girò di
scatto come investito da un’onda d’urto.
L’uomo
anziano andò verso la panchina e con un gesto della mano invitò il ragazzo a
seguirlo.
Alessandro
era incuriosito da questo anziano cosi bizzarro.
Il
suo abbigliamento era fuori posto, troppo pesante per quella stagione così
calda, ed anche quel berretto triangolare che indossava era di un colore troppo
stravagante per un uomo della sua età. D’impulso lo seguì sedendosi al suo
fianco con aria interrogativa.
L’uomo
anziano consegnò ad Alessandro un foglietto ripiegato e si raccomandò di
leggerlo solo l’indomani in quello stesso luogo.
Alessandro
ripose il foglietto in tasca e approfittò di quella vicinanza per osservarlo
meglio. Gli occhi erano di colore verde-castano e la fronte cosparsa da rughe
marcate e profonde.
Una
leggera barba bianca gli copriva il mento e parte delle guance lasciando
scorgere alcuni nèi vicino alle labbra. Sembrava provato. Affaticato.
Per
l’uomo anziano il tempo era l’unico nemico tangibile.
Non
aveva preparato un discorso, non ce n’era stato modo, improvvisò lasciando che
fosse il cuore e non la mente a trovare le parole.
Prese
un sigaro dal taschino e con mano malferma lo accese assaporando il gusto del
tabacco con profondi respiri, poi prese le mani di Alessandro nelle sue con una
tale forza da lasciare il ragazzo sbalordito e turbato dalla pienezza del
contatto.
“Caro Alessandro, ci conosciamo da tanto
tempo.” Cominciò l’uomo anziano.
“ Ho vissuto a lungo e sono più
avanti di te in questa linea temporale e per questo sono a conoscenza di cose
che ignori”.
Riprese
fiato e portò il sigaro alla bocca con mano tremante.
“Ho vissuto la mia vita da solo
senza la gioia e la pienezza dell’amore”.
Nel
pronunciare queste parole calde lacrime gli rigarono il viso segnato dagli
anni.
“A volte caro Alessandro la vita
viene decisa da un istante, da un secondo, da una frase sussurrata tra i banchi
di scuola e dipende dalla prontezza della nostra anima e dal coraggio del
nostro cuore riconoscere quell’istante”
Alessandro
avvertì la stretta dell’uomo farsi più forte, come alla ricerca di uno scoglio
a cui aggrapparsi.
“Io ho fallito per inerzia, codardia
e viltà. Non ho saputo riconoscere l’istante che avrebbe reso piena e felice la
mia vita ed ora sono qui per rimediare a quell’errore”.
Alessandro
ascoltava con attenzione le parole dell’uomo anziano, ma era anche sbalordito
dall’ambiente circostante. Udì nuovamente in lontananza il pianto del bambino e
la sirena della nave mentre il sole sembrava avvolto da una membrana spenta.
“Ho vagato cieco in un modo di
oscurità e sordo in un mondo di silenzio ed ho conosciuto i tentacoli freddi
della malinconia e della solitudine in lunghe notti insonni. Li ho sentiti
stringere fino a soffocare ed ho pregato mille volte di soccombere ad essi”.
Mentre
lo ascoltava Alessandro era sommerso da mille dubbi e timori. Sentiva la
stretta dell’uomo senza vedere le mani e né percepiva le lacrime pur avendo
davanti a sé un viso ormai opaco e trasparente. Solo gli occhi erano ancora
vivi, fiammeggianti e intensi e su quelli concentrò l’attenzione.
“Oggi sono qui per te, per squarciare
la nebbia del tempo e mostrati cosa nasconde così da donarti la cosa più
preziosa al mondo; L’amore”.
Alessandro
lo ascoltava con attenzione crescente alla ricerca di una risposta.
“Nn ci sarà un'altra occasione ed è
per questo che devi ascoltarmi con attenzione. Domani mattina ci sarà una
persona che abbassando lo sguardo ti dirà: – io ti avrei detto si – “
L’uomo
cominciò a vacillare, teneva gli occhi piantati in quelli del ragazzo,
nonostante la sua corporeità stesse collassando. Il tempo a sua disposizione
era finito.
“Alessandro” la
voce dell’uomo era vigorosa e profonda “
quella persona è l’altra metà di te, rappresenta la tua felicità e il tuo
destino.
Non devi fare il mio errore, non
devi sottrarti per inerzia o paura, devi aggredire la vita e guadagnarti il
futuro”.
Alessandro
udiva la voce sempre più debole. Gli oggetti intorno fluttuavano in una specie
di campo gravitazionale sospeso. Nemmeno i colori e i suoni erano normali ma
miscelati tra loro in modo suggestivo. Sentiva anche l’odore pungente del mare.
Poi,
lentamente, le cose tornarono alla normalità, ed Alessandro si ritrovò seduto
su una malandata panchina di legno ad osservare il niente.
Alessandro
montò in sella alla bici e con estrema rapidità si allontanò dal parco Una
volta a casa salutò sua madre e sua nonna con un gesto distratto della mano. In
camera si sdraiò sul letto cercando protezione e sicurezza. Provò a distrarsi
ascoltando la radio, ma il suo corpo chiedeva azione.
Scese
di scatto dal letto, afferrò i bilancieri e cominciò ad allenarsi con impeto.
Si allenò per ore e si fermò solo quando i muscoli smisero di contrarsi a causa
dello sforzo eccessivo. Cercò un blocco da disegno e cominciò ad abbozzare il
viso dell’uomo anziano.
Alessandro
nel disegno era una frana, ma si applicò con impegno e determinazione così da
produrre un risultato ai suoi occhi quasi discreto.
Arrivata
l’ora di cena, si sistemò a tavola, consumò il pasto cospargendo tutto di
ketchup ed inghiottì frettolosamente. Finto di mangiare fece una doccia calda
per rilassare i muscoli indolenziti.
Mentre
si rivestiva sentì sua madre bussare delicatamente alla porta.
“Alessandro il tuo disegno è
davvero pregevole e sai una cosa? Questa persona ti somiglia molto, gli occhi mi
ricordano i tuoi”.
Alessandro
si vestì senza rispondere. Non si era reso conto della somiglianza con l’uomo
finché sua madre non l’aveva notata.
Si
addormentò con in testa il pianto del bambino, la sirena e gli strani
avvenimenti osservati nel parco e la voce di sua madre che gli diceva: “gli occhi
mi ricordano i tuoi”.
Era
di nuovo in ritardo per andare a scuola.
Scese
le scale di corsa facendo quattro gradini alla volta con lo zaino che oscillava
pericolosamente.
Suo
padre lo accolse in macchina con brusche e colorite espressioni.
Nei pressi della scuola cominciò a correre per evitare di trovare il cancello
chiuso, all’ingresso la bidella gli gettò uno sguardo di rimprovero al quale
Alessandro ripose con un sorriso malizioso e sfacciato.
Trovò
i suoi compagni sparsi e vocianti in aula poiché l’insegnante della prima ora
era in ritardo. Gettò lo zaino in terra con aria soddisfatta mentre cercava
nelle tasche dei pantaloni qualche moneta per comprare la colazione.
Arrivato
al banco venne accolto dal sorriso caldo e radioso di Cinzia. I suoi occhi
color nocciola sembravano ancora più grandi e pieni di dolcezza. Alessandro
ascoltò i battiti accelerare mentre veniva travolto dal profumo intenso dei capelli
di Lei, una delicatissima fragranza alla vaniglia.
Amava
le sue pettinature semplici ed era incantato nell’osservare i suoi riccioli
morbidi adagiati dietro le spalle.
L’espressione
intontita catturò l’attenzione di Cinzia che gli rivolse un sorriso
canzonatorio. Inforcò gli occhialini da lettura e preparò l’ennesimo gioco con
il quale trascorrere parte della mattinata.
Alessandro
era inquieto. Temeva che i suoi sentimenti fossero troppo evidenti.
Cinzia
lo guardò sorridendo un paio di volte con la coda dell’occhio.
Alla
fine appoggiò gli occhiali sul banco e con un’espressione interrogativa,
terribilmente attraente agli occhi di Alessandro, domandò se aveva trovato il
coraggio di chiedere a Valentina di uscire.
Recitò
la risposta che si era preparato da settimane dicendo che non aveva chiesto
nulla poiché sicuro di un rifiuto. Appena formulata la frase il viso di Cinzia
cambiò espressione ed Alessandro lo notò subito.
Per
un istante, sospeso ai margini del tempo, Cinzia fissò gli occhi di Alessandro
e con un filo di voce disse “io ti avrei
detto si”.
Mentre
le parole vibravano sospese nell’aria, Cinzia abbassò gli occhi in modo
repentino e con un gesto che sembrava un tutt’uno con lo sguardo, afferrò lo
zaino da terra.
Alessandro
la fermò posandogli la mano sulla spalla. Vedeva la nebbia del tempo dissiparsi
lentamente davanti a suoi occhi ed al suo posto emergere il proprio futuro.
Indeciso
e impaurito cercò gli occhi di Cinzia. Immerse lo sguardo nel suo e se né
lasciò rapire per un tempo indefinito. Le si avvicinò con discrezione e con il
cuore in tumulto, passò delicatamente la mano sul collo fin dietro la nuca.
Le
labbra erano a pochi centimetri, entrambi sentivano il respiro dell’altro sulla
pelle. Un respiro reso affannoso dall’emozione.
Alessandro
posò delicatamente le labbra su quelle di Cinzia, raccolse le ultime energie e
mormorò un delicato “ti amo” che andò
a spegnersi in un bacio intenso, passionale e romantico.
La
giornata era calda e luminosa.
Avevano
trascorso il pomeriggio nel parco scherzando e ridendo. Alessandro aveva in
mano il foglietto che l’uomo anziano gli aveva affidato il giorno prima.
Cominciò
a leggere ad alta a voce poiché desiderava rendere partecipe Cinzia di quella
magia.
“ Caro Alessandro se hai dato
ascolto alle mie parole ora sei abbracciato alla nostra Cinzia”.
Fece
una pausa e cercò lo sguardo di lei.
“ieri ho diradato le nebbie del
tempo ed oggi sono testimone del vostro futuro ”.
Cinzia
si passò la mano tra i capelli sorridendo.
“Il vostro futuro è una stupenda pagina
bianca che potrete riempire con il vostro amore.
Finalmente potrete vivere la
pienezza del vostro legame donandovi reciprocamente voi stessi.
Il mio compito si esaurisce qui. La mia anima
è pronta per intraprendere l’ultimo viaggio”
Alessandro
ripose quel foglietto proveniente da un altro tempo e strinse l’amata in un
tenero abbraccio. Poi si adagiò sulla panchina, divenuta ormai famigliare, con
la testa di lei posata delicatamente sul petto. Era disorientato per quanto
accaduto e per la straordinaria avventura di cui era stato protagonista. Era
tornato chissà come dal futuro per donare a sé stesso e a Cinzia una seconda
possibilità.
Ricordava
la forza della sua stretta e la profondità del suo sguardo.
Si
scoprì emozionato e commosso per quella figura esile e vulnerabile che per
amore aveva sfidato le leggi della fisica. Commosso lo abbracciò con affetto e
gratitudine, come se fosse li ancora per un istante. Sperò in cuor suo che la
forza di quell’abbraccio fosse tale da sfidare e vincere a sua volta le leggi
della fisica.
Alessandro
era disteso in terra. Vedeva un giovane chino su di lui intento a praticargli
la respirazione artificiale. Poco distante una donna, forse la compagna,
teneva stretto un bambino che piangeva disperato. Il
traghetto che doveva prendere era fermo sulla banchina e la sirena avvertiva i
passeggeri di un ritardo nella partenza.
Alessandro
guardò il cielo sopra di sé, plumbeo e umido. Avrebbe preferito andarsene nella
bella stagione con il calore dei raggi del sole sulla pelle, ma anche così
andava bene, pensò.
Andava
bene perché era riuscito nell’impossibile. Si era regalato una seconda
possibilità. Mentre la vita scivolava via dal suo corpo non
sentiva freddo né paura perche sentiva che qualcuno a lui caro lo riscaldava
con il caldo abbraccio dell’addio.
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© Gunnella Marco 2012