L'artista si trova nella stessa posizione del pensatore rivoluzionario, che si oppone all'opinione dei contemporanei e annuncia una nuova verità. (Konrad Fiedler )

giovedì 25 aprile 2013

Alessandro



Alessandro tornava a casa pedalando felice.
La scuola era quasi finita e la gioia montava in lui come un fiume in piena. Era euforico e pregustava il sapore delle vacanze alle porte.
Percorreva a forte velocità la discesa verso casa e per un attimo un’ombra offuscò la sua mente.
Due giorni prima aveva scritto una lettera d’amore a Valentina, per motivi futili e superficiali e non né andava fiero, era pentito poiché l’unica persona che amava era Cinzia; la sua compagna di banco.
Il pensiero di Cinzia gli arrossò il volto in un istante e con rinnovata energia pedalò veloce verso il locale di Stefano per il pranzo. L’ambiente era piccolo, male arredato, caotico e poco pulito, ma era l’unico aperto.
Il misto di odori provenienti dalla cucina e il chiasso dei suoi coetanei erano per Alessandro una miscela sgradevole. Affrettò il passo e andò a sedersi ad uno dei tavoli vicino alle finestre, una zona arieggiata dove gli odori arrivavano smorzati.
Gli portarono il vassoio con la sua ordinazione, Alessandro mangiò avidamente.
Negli ultimi tempi si fermava poco nel locale e non si intratteneva con i suoi coetanei poiché in passato si era malmenato con alcuni di loro. I suoi genitori l’avevano punito per questo e così per evitare guai si fermava soltanto il tempo necessario per il pasto.
Lasciò i soldi sul tavolo e con la bicicletta andò verso la tabaccheria all’angolo. Giocò la schedina come ogni settimana, scambiò quattro chiacchiere banali con Alessia, la commessa, e uscì rinfrancato dal suo sorriso di saluto.
Montò in sella e guardò l’orologio. Era in leggero ritardo per l’appuntamento con Federico, suo compagno di calcetto da diversi anni.
L’amico lo aspettava seduto su una panchina logora e malandata, si salutarono con un abbraccio. Alessandro consegnò i dvd, prese i soldi convenuti e li sistemò distrattamente nella tasca dei jeans, mentre si salutavano con una pacca sulle spalle.

Alessandro si sedette sulla stessa panchina. Prese il cellulare, chiamò alcuni compagni di classe per organizzare una serata in pizzeria. Si voleva divertire con i soldi appena guadagnati.
Si sistemò un po’ più comodo per assaporare la brezza leggera che alleviava l’afa della mattina appena trascorsa, ma quel benessere non durò a lungo. Cominciò a sentirsi inquieto e in preda ad una dolorosa sensazione di freddo diffuso.
Non stava sognando, eppure le cose intorno a lui cambiavano lentamente. Il leggero cinguettio degli uccelli era cessato gradualmente mentre la luce sembrava aver perso forza e intensità così da creare ombre poco rassicuranti sul terreno.
Udiva in lontananza la sirena di un traghetto che duettava in modo bizzarro con il pianto di un bambino.
Scattò in piedi come avesse ricevuto una scossa elettrica e con la mano afferrò al volo la cinta dello zaino per trascinarlo via con sé. Sentiva dei brividi scuoterlo nel profondo come ad avvertirlo di un pericolo imminente.
Il passo svelto si tramutò in corsa scomposta che lo portò ad inciampare goffamente. Sentiva dolore alle mani, erano graffiate in più punti a causa del terreno sterrato. Prima ancora di rialzarsi si rallegrò di non aver rovinato il display del cellulare nuovo di zecca e trascinandosi carponi si alzò per continuare la fuga arrivando fino al marciapiede di fianco la strada.
Il rumore del traffico scoppiò improvviso intorno a lui e si ritrovò immerso in quella che considerava una rassicurante normalità. Non si curò della polvere che lo ricopriva né dei graffi sparsi su mani e braccia. Ridendo di se stesso e delle sue inquietudini si avviò verso casa.

L’uomo anziano era accanto alla fontanella. Era pallido, stanco e scavato in viso.
Teneva la mano rugosa appoggiata al muretto che delimitava la fontanella utilizzandolo come sostegno.
Non aveva molto tempo a disposizione poiché molte erano le cose che doveva dire. Una seconda possibilità non era contemplata né per lui né per Alessandro. Non poteva fallire.
Gridò il nome del ragazzo con una tale forza e intensità che Alessandro si girò di scatto come investito da un’onda d’urto.
L’uomo anziano andò verso la panchina e con un gesto della mano invitò il ragazzo a seguirlo.

Alessandro era incuriosito da questo anziano cosi bizzarro.
Il suo abbigliamento era fuori posto, troppo pesante per quella stagione così calda, ed anche quel berretto triangolare che indossava era di un colore troppo stravagante per un uomo della sua età. D’impulso lo seguì sedendosi al suo fianco con aria interrogativa.
L’uomo anziano consegnò ad Alessandro un foglietto ripiegato e si raccomandò di leggerlo solo l’indomani in quello stesso luogo.
Alessandro ripose il foglietto in tasca e approfittò di quella vicinanza per osservarlo meglio. Gli occhi erano di colore verde-castano e la fronte cosparsa da rughe marcate e profonde.
Una leggera barba bianca gli copriva il mento e parte delle guance lasciando scorgere alcuni nèi vicino alle labbra. Sembrava provato. Affaticato.
Per l’uomo anziano il tempo era l’unico nemico tangibile.
Non aveva preparato un discorso, non ce n’era stato modo, improvvisò lasciando che fosse il cuore e non la mente a trovare le parole.
Prese un sigaro dal taschino e con mano malferma lo accese assaporando il gusto del tabacco con profondi respiri, poi prese le mani di Alessandro nelle sue con una tale forza da lasciare il ragazzo sbalordito e turbato dalla pienezza del contatto.

 “Caro Alessandro, ci conosciamo da tanto tempo.” Cominciò l’uomo anziano.
“ Ho vissuto a lungo e sono più avanti di te in questa linea temporale e per questo sono a conoscenza di cose che ignori”.
Riprese fiato e portò il sigaro alla bocca con mano tremante.
“Ho vissuto la mia vita da solo senza la gioia e la pienezza dell’amore”.
Nel pronunciare queste parole calde lacrime gli rigarono il viso segnato dagli anni.
“A volte caro Alessandro la vita viene decisa da un istante, da un secondo, da una frase sussurrata tra i banchi di scuola e dipende dalla prontezza della nostra anima e dal coraggio del nostro cuore riconoscere quell’istante”
Alessandro avvertì la stretta dell’uomo farsi più forte, come alla ricerca di uno scoglio a cui aggrapparsi.
“Io ho fallito per inerzia, codardia e viltà. Non ho saputo riconoscere l’istante che avrebbe reso piena e felice la mia vita ed ora sono qui per rimediare a quell’errore”.  
Alessandro ascoltava con attenzione le parole dell’uomo anziano, ma era anche sbalordito dall’ambiente circostante. Udì nuovamente in lontananza il pianto del bambino e la sirena della nave mentre il sole sembrava avvolto da una membrana spenta.
“Ho vagato cieco in un modo di oscurità e sordo in un mondo di silenzio ed ho conosciuto i tentacoli freddi della malinconia e della solitudine in lunghe notti insonni. Li ho sentiti stringere fino a soffocare ed ho pregato mille volte di soccombere ad essi”.
Mentre lo ascoltava Alessandro era sommerso da mille dubbi e timori. Sentiva la stretta dell’uomo senza vedere le mani e né percepiva le lacrime pur avendo davanti a sé un viso ormai opaco e trasparente. Solo gli occhi erano ancora vivi, fiammeggianti e intensi e su quelli concentrò l’attenzione.
“Oggi sono qui per te, per squarciare la nebbia del tempo e mostrati cosa nasconde così da donarti la cosa più preziosa al mondo; L’amore”.
Alessandro lo ascoltava con attenzione crescente alla ricerca di una risposta.
“Nn ci sarà un'altra occasione ed è per questo che devi ascoltarmi con attenzione. Domani mattina ci sarà una persona che abbassando lo sguardo ti dirà: – io ti avrei detto si – “
L’uomo cominciò a vacillare, teneva gli occhi piantati in quelli del ragazzo, nonostante la sua corporeità stesse collassando. Il tempo a sua disposizione era finito.
“Alessandro” la voce dell’uomo era vigorosa e profonda “ quella persona è l’altra metà di te, rappresenta la tua felicità e il tuo destino.
Non devi fare il mio errore, non devi sottrarti per inerzia o paura, devi aggredire la vita e guadagnarti il futuro”.
Alessandro udiva la voce sempre più debole. Gli oggetti intorno fluttuavano in una specie di campo gravitazionale sospeso. Nemmeno i colori e i suoni erano normali ma miscelati tra loro in modo suggestivo. Sentiva anche l’odore pungente del mare.
Poi, lentamente, le cose tornarono alla normalità, ed Alessandro si ritrovò seduto su una malandata panchina di legno ad osservare il niente.


Alessandro montò in sella alla bici e con estrema rapidità si allontanò dal parco Una volta a casa salutò sua madre e sua nonna con un gesto distratto della mano. In camera si sdraiò sul letto cercando protezione e sicurezza. Provò a distrarsi ascoltando la radio, ma il suo corpo chiedeva azione.
Scese di scatto dal letto, afferrò i bilancieri e cominciò ad allenarsi con impeto. Si allenò per ore e si fermò solo quando i muscoli smisero di contrarsi a causa dello sforzo eccessivo. Cercò un blocco da disegno e cominciò ad abbozzare il viso dell’uomo anziano.
Alessandro nel disegno era una frana, ma si applicò con impegno e determinazione così da produrre un risultato ai suoi occhi quasi discreto.
Arrivata l’ora di cena, si sistemò a tavola, consumò il pasto cospargendo tutto di ketchup ed inghiottì frettolosamente. Finto di mangiare fece una doccia calda per rilassare i muscoli indolenziti.
Mentre si rivestiva sentì sua madre bussare delicatamente alla porta.
“Alessandro il tuo disegno è davvero pregevole e sai una cosa? Questa persona ti somiglia molto, gli occhi mi ricordano i tuoi”.
Alessandro si vestì senza rispondere. Non si era reso conto della somiglianza con l’uomo finché sua madre non l’aveva notata.
Si addormentò con in testa il pianto del bambino, la sirena e gli strani avvenimenti osservati nel parco e la voce di sua madre che gli diceva: “gli occhi mi ricordano i tuoi”. 

Era di nuovo in ritardo per andare a scuola.
Scese le scale di corsa facendo quattro gradini alla volta con lo zaino che oscillava pericolosamente.
Suo padre lo accolse in macchina con brusche e colorite espressioni. Nei pressi della scuola cominciò a correre per evitare di trovare il cancello chiuso, all’ingresso la bidella gli gettò uno sguardo di rimprovero al quale Alessandro ripose con un sorriso malizioso e sfacciato.
Trovò i suoi compagni sparsi e vocianti in aula poiché l’insegnante della prima ora era in ritardo. Gettò lo zaino in terra con aria soddisfatta mentre cercava nelle tasche dei pantaloni qualche moneta per comprare la colazione.
Arrivato al banco venne accolto dal sorriso caldo e radioso di Cinzia. I suoi occhi color nocciola sembravano ancora più grandi e pieni di dolcezza. Alessandro ascoltò i battiti accelerare mentre veniva travolto dal profumo intenso dei capelli di Lei, una delicatissima fragranza alla vaniglia.
Amava le sue pettinature semplici ed era incantato nell’osservare i suoi riccioli morbidi adagiati dietro le spalle.
L’espressione intontita catturò l’attenzione di Cinzia che gli rivolse un sorriso canzonatorio. Inforcò gli occhialini da lettura e preparò l’ennesimo gioco con il quale trascorrere parte della mattinata.
Alessandro era inquieto. Temeva che i suoi sentimenti fossero troppo evidenti.
Cinzia lo guardò sorridendo un paio di volte con la coda dell’occhio.
Alla fine appoggiò gli occhiali sul banco e con un’espressione interrogativa, terribilmente attraente agli occhi di Alessandro, domandò se aveva trovato il coraggio di chiedere a Valentina di uscire.
Recitò la risposta che si era preparato da settimane dicendo che non aveva chiesto nulla poiché sicuro di un rifiuto. Appena formulata la frase il viso di Cinzia cambiò espressione ed Alessandro lo notò subito.
Per un istante, sospeso ai margini del tempo, Cinzia fissò gli occhi di Alessandro e con un filo di voce disse “io ti avrei detto si”.
Mentre le parole vibravano sospese nell’aria, Cinzia abbassò gli occhi in modo repentino e con un gesto che sembrava un tutt’uno con lo sguardo, afferrò lo zaino da terra.
Alessandro la fermò posandogli la mano sulla spalla. Vedeva la nebbia del tempo dissiparsi lentamente davanti a suoi occhi ed al suo posto emergere il proprio futuro.
Indeciso e impaurito cercò gli occhi di Cinzia. Immerse lo sguardo nel suo e se né lasciò rapire per un tempo indefinito. Le si avvicinò con discrezione e con il cuore in tumulto, passò delicatamente la mano sul collo fin dietro la nuca.
Le labbra erano a pochi centimetri, entrambi sentivano il respiro dell’altro sulla pelle. Un respiro reso affannoso dall’emozione.
Alessandro posò delicatamente le labbra su quelle di Cinzia, raccolse le ultime energie e mormorò un delicato “ti amo” che andò a spegnersi in un bacio intenso, passionale e romantico.

La giornata era calda e luminosa.
Avevano trascorso il pomeriggio nel parco scherzando e ridendo. Alessandro aveva in mano il foglietto che l’uomo anziano gli aveva affidato il giorno prima.
Cominciò a leggere ad alta a voce poiché desiderava rendere partecipe Cinzia di quella magia.
“ Caro Alessandro se hai dato ascolto alle mie parole ora sei abbracciato alla nostra Cinzia”.
Fece una pausa e cercò lo sguardo di lei.
“ieri ho diradato le nebbie del tempo ed oggi sono testimone del vostro futuro ”.
Cinzia si passò la mano tra i capelli sorridendo.
“Il vostro futuro è una stupenda pagina bianca che potrete riempire con il vostro amore.
Finalmente potrete vivere la pienezza del vostro legame donandovi reciprocamente voi stessi.
 Il mio compito si esaurisce qui. La mia anima è pronta per intraprendere l’ultimo viaggio”
Alessandro ripose quel foglietto proveniente da un altro tempo e strinse l’amata in un tenero abbraccio. Poi si adagiò sulla panchina, divenuta ormai famigliare, con la testa di lei posata delicatamente sul petto. Era disorientato per quanto accaduto e per la straordinaria avventura di cui era stato protagonista. Era tornato chissà come dal futuro per donare a sé stesso e a Cinzia una seconda possibilità.
Ricordava la forza della sua stretta e la profondità del suo sguardo.
Si scoprì emozionato e commosso per quella figura esile e vulnerabile che per amore aveva sfidato le leggi della fisica. Commosso lo abbracciò con affetto e gratitudine, come se fosse li ancora per un istante. Sperò in cuor suo che la forza di quell’abbraccio fosse tale da sfidare e vincere a sua volta le leggi della fisica.

Alessandro era disteso in terra. Vedeva un giovane chino su di lui intento a praticargli la respirazione artificiale. Poco distante una donna, forse la compagna, teneva stretto un bambino che piangeva disperato. Il traghetto che doveva prendere era fermo sulla banchina e la sirena avvertiva i passeggeri di un ritardo nella partenza.
Alessandro guardò il cielo sopra di sé, plumbeo e umido. Avrebbe preferito andarsene nella bella stagione con il calore dei raggi del sole sulla pelle, ma anche così andava bene, pensò.
Andava bene perché era riuscito nell’impossibile. Si era regalato una seconda possibilità. Mentre la vita scivolava via dal suo corpo non sentiva freddo né paura perche sentiva che qualcuno a lui caro lo riscaldava con il caldo abbraccio dell’addio. 
 © riproduzione riservata
 © Gunnella Marco 2012

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