L'artista si trova nella stessa posizione del pensatore rivoluzionario, che si oppone all'opinione dei contemporanei e annuncia una nuova verità. (Konrad Fiedler )

venerdì 22 luglio 2011

Una passeggiata nel 1660 - Veduta di Delft

Per un attimo dimenticate tutto quello che avete accanto. Dimenticate il computer, la televisione, i cellulari ed ogni altro artifizio tecnologico spacciato come surrogato della felicità.
Niente traffico impazzito che erutta veleno ad ogni angolo della città, nessun insegna selvaggia a deturpare la vista e nessun suono volgare a molestare l’udito.
Nessuno che getta con disprezzo rifiuti in terra o che vi passa accanto gridando parolacce al cellulare e soprattutto nessuna volgare esposizione di prodotti superflui in luccicanti vetrine.
Guardate questo straordinario dipinto di Jan Vermeer realizzato all’incirca nel 1660 (Veduta di Delft).
Ascoltate il vostro passo sulla terra che si scorge in basso, vicina alla riva.
Intorno delle persone che parlano olandese, una lingua a voi famigliare, vi fermate per fare conversazione.
Spaziate la vista e ammirate la bellezza delle acque calme del golfo. Più in la i monumenti della città eretti nei decenni precedenti.
Le mura, la porta di Schiedam con il suo orologio, la porta di Rodderdam con le sue due torri gemmelle ed infine il campanile della Nieuwe Kerk.
Mentre guardate questo spettacolo davanti a voi, dei bambini giocano correndo e una nave solitaria si staglia all’orizzonte diretta verso il porto.
Altre navi sono ormeggiate e marinai esperti lavorano alacremente per prendere il largo. Distinguete alcuni pescatori che conoscete e vi scambiate un saluto amichevole.
Questo è la mia personale visione di questo straordinario dipinto ad olio. Ciò che lo rende magico è l’aver fissato su tela una scheggia di passato che non potrà più esistere. Aver fissato per sempre un frammento di tempo unico e irripetibile.
La magia risiede in questa finestra rettangolare che rappresenta per noi una meravigliosa veduta sul nostro passato.
Porto di Delft, 1660, Olanda.
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lunedì 18 luglio 2011

io penso dunque "scrivo"



La scrittura è una magia che non può essere razionalmente spiegata.
Non possiamo imbrigliare la sua forza e la sua energia creativa in una nozione fallace e parziale. Non possiamo applicare un’etichetta a qualcosa che ha stravolto la storia con la forza dirompente di un boato proveniente dal ventre stesso della Terra.
Attraverso la scrittura i popoli di ogni latitudine hanno tramandato antiche paure, falsi dei e altrettanti falsi ideali, ma allo stesso tempo hanno tramandato arte, musica, letteratura e scienza.
La scrittura vissuta come staffetta tra ere differenti altrimenti sconosciute tra loro. Un pezzo del proprio essere consegnato all’umanità allo scopo di renderla più ricca più densa e più viva!
Potremmo dire tutto questo senza aver spiegato assolutamente nulla.

Potremmo scrivere con la penna, tracciando linee sulla carta che si tramutano in parole e frasi.
Potremmo scrivere con un computer, dando corpo ai pensieri sotto forma di byte digitali.
In entrambi i casi, attraverso la scrittura, modelliamo il nostro mondo, disegniamo la nostra realtà utilizzando una tavolozza realizzata con tutti i colori dettati dalle nostre esperienze e della nostra vita. Perché scrivere è vita.
Parola dopo parola, riga dopo riga e carattere dopo carattere animiamo i nostri sogni e quella parte in noi solitamente nascosta e schiva che ci osserva, il più delle volte, in disparte con sguardo stupito.

Io scrivo con la mente. Il mio sguardo è una finestra sul mondo, su milioni di colori, di note, di parole e di emozioni che viaggiano e si mischiano in un ballo armonioso da milioni di anni.
Io ascolto questo cantico di creazione in rispettoso silenzio. Scruto le sfumature di cui è composto, ascolto le melodie che lo accompagnano e me ne nutro, ogni giorno.

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