Per raccontare questa storia è necessario fare più di un
passo indietro.
Nel 374-375 d.C. la popolazione dei Goti fu spinta
violentemente verso occidente dagli Unni, che in quegli anni razziavano e
depredavano a più riprese le terre dei Goti, nonostante una strenua, quanto
inutile, resistenza.
I Goti arrivarono fin sulla sponda del Danubio, il fiume che
segnava il confine dell’Impero Romano d’Oriente e chiesero di poter entrare
come alleati.
I comandanti Romani, spaventati dal numero di persone che si
ammassavano sulla riva, decisero di mandare degli emissari all’Imperatore
Flavio Valente, in quel momento a duemila chilometri di distanza, impegnato ad
ammassare legioni e mercenari per muovere guerra contro l’Impero Persiano.
Valente fu ben felice di accogliere i Goti, pensò che
fossero arrivati proprio al momento giusto, sarebbero stati degli ottimi
rinforzi per la guerra imminente.
I Goti entrarono nell’Impero. L’ordine era chiaro.
Accoglierli, nutrirli, disarmarli e avviarli nelle ricche terre della Tracia
dove avrebbero avuto terra da coltivare, il tutto in cambio di soldati per l’Impero.
Le cose presero da subito una direzione sbagliata. I
comandanti in loco si rivelarono corrotti e cominciarono a sfruttare la
situazione. Le razioni di cibo, che l’impero mandava a titolo gratuito, erano
invece rivendute ai Goti che in breve tempo furono ridotti alla fame e alla
disperazione.
Uno dei principali responsabili della situazione era
Lupicino, il responsabile militare Romano in Tracia, che dopo aver depredato i
Goti sulla riva romana del Danubio, decise il loro spostamento verso l’interno.
Giunsero in breve a Marcianopoli, una città con possenti
mura che illuse sia il popolo Goto che i soldati Romani di scorta, di essere
finalmente arrivati. La città vietò l’ingresso a tutti, fatta eccezione per
Lupicino stesso e i principali comandati Goti, tra cui Fritigerno.
La marcia era stata lunga, i Goti erano ormai allo stremo, i
soldati Romani, dal canto loro, erano dei limitani (truppe di guardia al
confine) ed erano nervosi, cosi lontani dalle loro caserme ed in grande
inferiorità numerica rispetto ai Goti.
Gli animi s’incendiarono e ben presto i soldati Romani di
scorta furono uccisi e spogliati di armi e armature. Intanto Lupicino e gli
altri stavano banchettando a palazzo, il piano era semplice, far ubriacare i
comandati Goti per poi ucciderli, sennonché furono i Romani ad ubriacarsi per
primi e quando cominciarono gli scontri, Fritigerno e gli altri fuggirono e si
unirono alle truppe iniziando la rivolta.
Lupicino era un funzionario e come tale ebbe timore di
informare l’imperatore di quanto accaduto, cosi radunò tutti i legionari e
mercenari abbastanza vicino da poterlo raggiungere e si schierò in battaglia
alle porte di Marcianopoli.
La battaglia fu una catastrofe per l’esercito Imperiale, che
fu travolto e annientato dai Goti, la vittoria diede morale ai Goti che per
anni rimasero padroni incontrastati della Tracia, della ricca Tracia. Nel
frattempo il confine non era più presidiato, i limitani di Lupicino erano ormai
morti da mesi alle porte di Marcianopoli cosi Goti, Alani e persino Unni attraversarono
il fiume unendosi a Fritigerno nei saccheggi, fonti storiche suggeriscono che
all’apice delle razzie i Goti avessero al seguito cinquemila carri pieni di
bottino!
L’imperatore era lontano, continuava ad ammassare truppe al
confine per l’attacco alla Persia e proprio non voleva rinunciare alla campagna
militare, cosi chiamò Traiano e
Profoturo, due dei suoi generali e li spedì in Tracia con il compito tassativo
di eliminare una volta per tutte Fritigerno.
I due generali di Valente a capo di tre legioni si unirono a
Ricomere e alla sua legione occidentale mandata da Graziano in aiuto dello zio.
I tre generali Romani erano certi della vittoria, per alcuni
giorni si limitarono a seguire la colonna dei Goti in movimento aspettando il
momento buono per sferrare l’attacco. Il momento sembrò giunto quando i Goti
disposero i carri a cerchio per riposare.
L’intenzione dei generali romani era quella di attendere che
la colonna si muovesse e di attaccare la retroguardia.
Il piano andò in malora perché nelle legioni romane il tasso
di diserzione era alto e molti “legionari” erano “barbari” tra cui molti Goti
di cui l’impero si serviva abbondantemente per loro capacità e forza in
combattimento.
Fritigerno fu quindi informato dei piani di Traiano e gli
affrontò sul posto.
Lo storico romano a cui dobbiamo la conoscenza degli
avvenimenti raccontati è Ammiano Marcellino.
Romani e Goti si fronteggiarono per un’intera giornata, i
morti furono moltissimi da ambo le parti, al calar della notte le ostilità
furono interrotte (come d’usanza ai tempi).
I generali romani furono talmente provati dalla battaglia
che non se la sentirono di continuare il giorno dopo e cosi andarono via.
Ricomere verso occidente, Traino e Proturo verso sud dove
furono raggiunti da un altro generale mandato da Valente: Saturnino e dalle sue
truppe. La strategia romana cambiò, temendo un altro scontro frontale come
quello dei Salici, appena combattuto, sbarrarono la strada ai Goti sulle
montagne contando di poter difendere agevolmente i passi e costringere i Goti
nella zona meno ricca della Tracia per tutto l’inverno portandoli di fatto alla
fame o alla fuga.
Saturnino riuscì per molto tempo a respingere i Goti in
questo modo, ma si dimenticò che ad est il confine sul Danubio era ancora
aperto, nessuno era stato mandato a sostituire i limitani morti a Marcianopoli.
Cosi Goti, Alani e persino Unni attraversarono il Danubio,
Saturnino rischiava di essere preso alle spalle e cosi frammentò le sue legioni
e le spedì nelle città del sud per trascorrere l’inverno. Ovviamente i Goti non
persero un solo giorno e con i valichi deserti piombarono nuovamente verso sud.
Valente era sempre lontano. Non voleva rassegnarsi
all’inevitabile e cosi mandò un quarto generale contro i Goti, Sebastiano. Il
nuovo generale chiese poco, appena duemila legionari di sua scelta, l’idea era
quella di attuare una contro guerriglia. Sebastiano per mesi intercettò singole
colonne di Goti, tese imboscate notturne e non fece prigionieri, ma non bastò.
I goti erano tremendamente vicini a Costantinopoli. La capitale di Valente.
L’imperatore, forse consigliato dai suoi uomini di fiducia,
siglò un trattato di pace con la Persia e si mosse con tutte le legioni
disponibili verso Costantinopoli. L’accoglienza fu ostile, l’imperatore era mal
visto e venne fischiato e contestato.
Valente ruppe gli indugi e alla testa di almeno 50 mila
uomini marciò verso la Tracia, verso i Goti, verso Fritigerno e verso
Adrianopoli.
Possiamo immaginare il suo stato d’animo.
Frustato per il trattato con la Persia, per i fischi
ricevuti nella capitale e per l’inettitudine di ben 5 dei suoi generali, marciò
alla testa di quello che pensava essere un esercito invincibile, verso un
nemico che odiava con tutto se stesso. Cosi accecato e arrogante che non
aspettò nemmeno il nipote Graziano (imperatore d’Occidente che alla testa delle
sue legioni stava muovendo a tappe forzate per aiutare lo zio).
Era l’imperatore Valente e non avrebbe permesso al suo
ambizioso nipote di prendersi onore e gloria, no, i Goti li avrebbe spazzati
via lui stesso e sarebbe tornato a Costantinopoli carico di gloria e onore.
Ed eccoci arrivati al 9 agosto di quel lontano 378 d.C.
Adrianopoli è vicina, Valente schiera le truppe in
battaglia. È caldo, i legionari sono assetati e nervosi, i Goti danno fuoco a
delle sterpaglie cosi da mandare fumo tra le fila romane.
Fritigerno ha schierato le sue truppe davanti al cerchio di
carri.
Arrivati a questo punto è doverosa una precisazione.
Valente è un cristiano ariano, vale a dire convinto che Dio,
Gesù e lo Spirto Santo siano tre entità differenti.
Dal punto di vista religioso è intollerante ed anche per
questo scarsamente amato dal popolo tra cui era diffusa l’altra forma di
cristianesimo, quella legata alla Chiesa di Roma.
Ironia della sorte anche Fritigerno è un cristiano ariano e
così tra i due eserciti schierati cominciarono a fare la spola delle ambascerie,
sostanzialmente nessuno aveva interesse allo scontro, Fritigerno propone di
mettere una pietra sopra al passato e di tornare sostanzialmente al vecchio
accordo di due anni prima. Per cui lui e i suoi Goti avrebbero combattuto per
l’impero in cambio della Tracia.
La trattativa sembrò ormai a buon punto e nessuno credeva più alla battaglia.
Quando ormai l’accordo era imminente, un reparto di cavalleria
Romana di arcieri arrivò cosi vicino alla fanteria Gota che non riuscì a
frenare l’istinto e attaccò provocando molte perdite, la reazione della
cavalleria Gota fu immediata, il reparto Romano venne accerchiato e distrutto.
La diplomazia aveva fallito. La battaglia di Adrianopoli era
cominciata.
La cavalleria Romana partì all’attacco senza l’appoggio
della fanteria, si trovò troppo avanti e isolata facile preda per i Goti che
infatti colpirono durissimo, la cavalleria in rotta andò a cozzare contro la
propria fanteria.
La confusione era massima, non si hanno notizie di ordini di
Valente per tutta la durata della battaglia.
I legionari spronarono la cavalleria e tornarono a spingere
i Goti verso il loro cerchio di carri. L’ala sinistra dello schieramento giunse
al bordo esterno, ma una volta lì si accorse con orrore di non essere stata
seguita dal resto della truppa e furono massacrati insieme al resto della
cavalleria.
La battaglia era ormai decisa.
La cavalleria romana era stata annientata, e le legioni,
accerchiate, perdevano lentamente posizione, ammassandosi verso il centro. La
lotta fu durissima, accerchiati da un numero di nemici superiori vennero alla
fine annientati e lo stesso imperatore ucciso sul campo di battaglia insieme a
gran parte dei suoi generali tra cui Traiano e Sebastiano.
Due terzi dell’esercito imperiale venne distrutto sul posto,
il resto costretto alla fuga e giustiziato a piccoli gruppi.
I Goti vincitori si spinsero fino alle porte di
Costantipoli, poi decisero che era più vantaggioso per loro razziare le
campagne piuttosto che assediare grandi città.
L’impero Romano d’oriente aveva subito la più colossale
delle sconfitte e la sua stessa esistenza era ridotta ad un filo. Graziano
nominò Teodosio come Imperatore d’Oriente.
La sconfitta di Adrianopoli segna di fatto l’inizio della
fine dell’impero Romano d’Occidente, può sembrare una contraddizione visto che
il luogo della battaglia, l’imperatore e legioni erano Orientali, ma fu proprio
per questo, fu proprio per le scelte compiute da Teodosio prima e dai suoi successori
dopo che i Goti e le altre popolazioni “barbare” ormai invincibili sul campo di
battaglia erano sospinte verso occidente, senZa contare che da quel momento in
poi, soprattutto ad oriente, l’esercito divenne composto principalmente da
mercenari barbari.
Trent’anni dopo Adrianopoli (410 d.C.) Alarico Re dei
Visigoti e generale Romano a capo dei suoi uomini razzio Roma.