Siamo abituati a pensare al tempo in
funzione di un passato, un presente e un futuro.
Collochiamo gli eventi trascorsi in un
passato più o meno recente e allo stesso modo consideriamo un qualcosa non
ancora accaduto appartenente ad un futuro più o meno prossimo.
Più difficile è immaginare
esattamente il presente. Normalmente si considera presente qualcosa che stiamo
facendo come un’azione o uno spostamento, ma in realtà è solo
un’approssimazione.
Ora sto scrivendo questo articolo, ma
le righe precedenti appartengono al mio passato, ogni lettera di ogni singola
parola scivola nel passato appena battuta, mentre quella successiva è ancora
sospesa in un futuro molto prossimo, probabile, ma reale solo nel momento
esatto in cui digiterò il tasto sulla tastiera, ma appena la lettera comparirà
sullo schermo rappresenterà già il mio passato.
Dunque ciò che ho scritto apparterrà
al passato, il resto al futuro, ma il presente non troverà collocazione e
questo perché il tempo non è diviso in tre scatole separate, ma è piuttosto un
flusso, un onda che avanza.
Immaginiamo che io sia velocissimo a
scrivere e che impieghi un secondo per digitare un tasto. Si potrebbe definire
quel secondo come il mio presente, l’attimo di cui ho consapevolezza e
coscienza, ma cosi non è perché il secondo non è l’unità misurabile di tempo
più piccola, lo Yoctosecondo, ad
esempio, equivale ad un milionesimo di trilionesimo di secondo. Impossibile da
immaginare eppure …
Torniamo al secondo che impiego per
digitare un tasto, bene, il processore del portatile che sto utilizzando è un “Intel
Celeron CPU B815 1,600GHz” in quel secondo può eseguire un miliardo e seicento
milioni di operazioni e non è nemmeno il più veloce, se avessi avuto un
portatile di 3Ghz ne avrebbe processate addirittura tre miliardi!
Questo ci porta al concetto che si ha
del tempo, come unità di misura dello spostamento, ma se potessimo
distintamente concepire ogni Yoctosecondo ecco che le possibilità d’azione
racchiuse in quel secondo, in un tasto battuto sulla tastiera, apparirebbero
quasi infinite.
Quindi ogni Yotosecondo trascorso
apparterrà al nostro passato e considerando che non abbiamo la capacità di
rallentare il tempo al punto da concepirli né consegue che non abbiamo la
possibilità di coscienza del presente. Viceversa la coscienza apparirà come un
acrobata sempre in bilico sul flusso, sull’onda temporale, sempre in equilibrio
tra un passato su cui non può più intervenire e un futuro solo probabile.
La probabilità che un futuro si
compia è condizionata da molteplici fattori in gran parte imprevedibili.
Ad esempio se decidessimo di sederci
a tavolino con carta e penna per scrivere l’alfabeto e se ipotizzassimo di impiegarci
un minuto questo sarebbe soltanto un futuro probabile di quel singolo minuto.
Potrebbe accadere che arrivati a metà
squilli il cellulare o che un vicino suoni alla porta per chiederci dello
zucchero. Se l’esperimento fosse di notte potrebbe andar via la luce in
qualsiasi momento.
In tutti questi casi il futuro di
quel singolo minuto potrebbe variare in un senso o nell’altro, quante
probabilità ci saranno che un nostro conoscente ci cerchi al cellulare? Dipende
dall’ora dell’esperimento, dalle persone presenti in rubrica e dal fatto di
tenere il cellulare acceso.
La stessa cosa vale per il vicino che
suona, le probabilità dipenderanno dal posto in cui viviamo, se è un condominio
o una casa isolata, se è di giorno o di notte e cosi via.
Non potremo avere certezza di questo
futuro fintanto che non avremo scritto la lettera “z” relegando allo stesso
tempo l’esperimento nel nostro passato, ma fino a quel momento dovremo
ragionare in termini di “probabilità”.
Ovviamente potremo cercare di
aumentare la probabilità di impiegare
quel minuto scrivendo l’alfabeto spegnendo il cellulare, staccando il
campanello di casa e scegliendo una giornata di sole, ma appunto, potremmo solo
aumentare le probabilità senza averne la certezza assoluta. Un’impellente
necessità fisiologica, un giramento di testa potrebbero vanificare ogni sforzo
nel programmare quel singolo minuto.
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